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Una cartolina da Frascati: Villa Torlonia

Da “caravilla” a parco pubblico

Oggi vogliamo portarvi a Frascati e più precisamente nel parco comunale di Villa Torlonia (clicca in basso l’immagine zoom navigabile) una delle ville tuscolane costruite a Frascati tra ‘500 e ‘600.

Il primo nucleo della villa fu costruito da Annibal Caro, “la caravilla”, su resti di un edificio di epoca romana, ed in seguito ampliata dal cardinale Tolomeo Galli. Il segretario di stato di papa Gregorio XIII Boncompagni. Quindi la proprietà arrivò a Scipione Borghese che affidò a Flaminio Ponzio il progetto dello scenografico Teatro delle Acque e a Carlo Maderno e Giovanni Fontana, esperto di idraulica, la realizzazione. S

i provvide poi alla costruzione dell’acquedotto necessario all’alimentazione, alla Peschiera al di sopra delle cascate. Ed alla famosa Fontana “del candeliere” di fronte alla villa (purtroppo attualmente di proprietà privata).
Tanti i passaggi di proprietà per arrivare agli Sforza Cesarini e, in ultimo, nel 1841, ai Torlonia. La villa è stata perduta durante l’ultimo conflitto mondiale ed il parco secolare fortemente danneggiato.

Nel dopoguerra fu donato alla municipalità di Frascati che lo destinò a parco pubblico. Tuttora è considerato il più ricco di motivi architettonici, piante e acque fra quelli delle ville tuscolane. Con un nutrito patrimonio di alberi intersecati da viali e non ultimo di uno stupendo panorama su Roma.

Ma quello che ci preme sottolineare è la quieta atmosfera che vi si respira passeggiando, espressa efficacemente dallo scrittore Riccardo Agrusti nel suo libro Quattro passi per Frascati nel capitolo che di seguito riportiamo.

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In Villa Torlonia

Alle spalle, li senti arrivare alle spalle, con le suole che battono sull’asfalto, la curva è in leggero pendio, per qualche istante avverti il ritmo della corsa, l’ansimare dei corpi, già ti stanno superando, passano veloci – uno parla, cogli il tono alterato della voce – ma già ti stanno davanti, a dieci, a venti metri: quattro giovanotti con le ali ai piedi, l’uno di fianco all’altro, in canotta e pantaloncini. Sull’ampio terrazzamento un uomo con la schiena arretrata e il braccio teso al guinzaglio si lascia tirare da un pastore alsaziano. Una brunetta con le cuffie cammina spedita accanto alla staccionata.

A quest’ora, sono da poco passate le dodici,

c’è quasi sempre qualcuno che sale, qualcuna o qualcuno che sbuca dalla rampa con le buste della spesa. Il Viale Europa, prospiciente il complesso monumentale barocco, è di sicuro il più suggestivo. Hai ancora vivo negli occhi il panorama di Roma quando, girando verso l’interno, ti trovi davanti questo spettacolo di nicchie e pilastri, di vasche e scalee d’acque scroscianti, e di lecci che nel loro abbraccio ti alzano al cielo. E ascolti lo zampillìo che ricade festoso, l’occhio è rapito dalla luce. Più avanti, seduta su una panchina inondata di sole, una mamma con la mano sulla cappotta del passeggino si volta a guardare la sposa che si lascia fotografare nell’abito bianco. Due donne anziane ridono, guardano e ridono. Un auto della polizia si ferma, spegne il motore. Già odi le grida dei bambini che giocano sulle altalene, quand’ecco che un meticcio di piccola taglia comincia ad abbaiare come un ossesso: è splendido, con il collo ritto e il petto macchiato di grigio. Dall’altra parte, sul terreno adiacente alla pista di pattinaggio, alcuni ragazzi giocano a pallone.

Sono questi i momenti – quando li vedi correre e calciare – che t’accorgi di quanto è grande la vita.

Appoggiata alla balaustra, una coppietta si stringe e si bacia senza inibizioni. Un gruppo di studenti s’incammina rumoroso verso la fontana. C’è davvero poco di sacro o di edenico che richiami l’antica tradizione letteraria del giardino come luogo di meditazione o di furtivi incontri d’amore. Oggi Villa Torlonia è piuttosto un rimedio alla routine quotidiana. È solo questo? Fisso lo sguardo sulla parete del palazzo dai tetti spioventi. Lo spigolo delimita un immaginario rettangolo di cielo, chiuso al lato opposto dalla chioma di un cedro del Libano. Ora è di un bel colore azzurro – ma qualche giorno fa, al tramonto, io vidi in quello stesso spazio colori indicibili, celesti chiarissimi e fasci di rosa, per qualche secondo il mio sguardo si perse. No, era solo un pezzo di cielo: ma quell’immagine s’impresse nell’anima. Villa Torlonia ha ancora una voce, vive un tempo che possiamo avvertire nell’intimo, un tempo che non è fatto di ore o di giorni, sono momenti della coscienza, percezioni fuggevoli, come quando di sera tardi ti capita di passare per i viali deserti sotto i lecci e di alzare lo sguardo alla luna.

Il brano “In Villa Torlonia” è tratto da Quattropassi per Frascati di Riccardo Agrusti (ed. Cavour Libri)

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A cura de il NETWORK | testo e foto Ezio Bocci

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